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– PRIMA PUNTATA –
Carissimi amici,
ebbene si, l’avventura Sanremese è cominciata e ho deciso di condividerla con voi portandovi con me, passo dopo passo, a Sanremo attraverso questo diario che vi farà respirare l’aria del pre-festival da dietro le quinte.
Dal 9 Gennaio sono al CET, il centro didattico musicale fondato da Mogol, dove con altri compagni di “avventura” stiamo mettendo a punto le performances di Sanremo.
La prima impressione, dopo quattro Festival precedenti vissuti dal sottoscritto, è che questa volta stiamo parlando di musica.
Analizziamo le stesure delle canzoni, controlliamo gli arrangiamenti, collaboriamo con scenografi e coreografi e abbiamo a disposizione un prestigioso M° di canto che tutt’ora lavora con personaggi del calibro di Ray Charles e Stevie Wonder.
L’ incontro con il M° De Amicis che dirigerà un’orchestra di 81 elementi è stato esaltante, così come proficuo è stato lo stage con costumisti, truccatori e “lookologi”.
Il coreografo Luca Tomassini, che ha già lavorato con Madonna ed altre stars internazionali, preparerà per ognuno di noi, grazie alla collaborazione di ballerini e figuranti, un quadro studiato appositamente per la canzone arricchendo le esibizioni e rendendole uniche.
Il famoso scenografo Gaetano Castelli è venuto a farci visita e ci ha presentato il progetto del palco sul quale ci esibiremo. Verrà ricavato uno spazio straordinario togliendo ben 7 file di poltrone dal teatro Ariston e con tutta l’orchestra a semicerchio, godremo di una ribalta a ridosso della prima fila che permetterà ai giochi di luci e ai cantanti di esibirsi in una condizione ottimale. In alto sullo sfondo un maxi-schermo tipo “cinemascope” condirà ogni brano con immagini a supporto.
Tony Renis, abbiamo incontrato anche lui, ed è stato una vera sorpresa.
Il suo talento non solo musicale ma anche cabarettistico, nel saluto al primo gruppo di 11 cantanti, oltre al welcome di rito, ha contribuito a “sgelare” un’atmosfera di sapore scolastico trasformandola in un vero entusiasmo di squadra.
Certo che quando saliremo sul palco saremo, proprio per la natura della gara, uno contro l’altro, ma siamo consci che questa è una battaglia che va vinta tutti insieme. Tony ci ha scelti e ognuno di noi, con la propria storia, e partendo dalle rispettive posizioni, ha motivo per essergli grato in quanto questo 54° Festival da la sensazione di preludere a una svolta epocale e… rischia di rimettere la musica nella posizione centrale che le compete.
Adesso vi devo lasciare perché ho un’incontro con Gaetano Morbioli per la registrazione degli spot che vedrete in Rai durante il mese di Febbraio.
E… come dice acqua Prata ci sentiamo alla prossima puntata!
– SECONDA PUNTATA –
Questa esperienza Sanremese sta rischiando di procurarmi più “danni” della mia recente operazione al menisco. Niente di negativo sotto il profilo concettuale ma di sicuro l’impegno è diventato stressante e portatore di ansie prestazionali.
Non equivocate, uno come me non pensa mai di giocarsi la vita in una competizione, ma coinvolto da un vento organizzativo che intende riportare la musica, almeno quella sanremese, al centro dell’attenzione mi sto preparando come per disputare la finale della Coppa dei Campioni.
Giovedì 19 ho fatto la prima prova sul palco del Teatro Ariston e nonostante tutti quanti, noi, tecnici e televisivi, stessimo testando impianti e sensazioni un bel brivido mi è corso lungo il filone della schiena.
La mia canzone, anzi la mia “bambina” è piena di energia e l’arrangiamento per 81 musicisti bravi ed entusiasti crea un clima che muove naturalmente le frattaglie anche agli addetti ai lavori rotti da anni a tutte le esperienze.
Il palco è uno stadio, l’orchestra forma un anfiteatro naturale in mezzo al quale mi sento come un cristiano in attesa dei leoni. A darmi quel pizzico di incoscienza che è indispensabile in situazioni del genere, ci sarà la Blues Brothers Band. Si, proprio quelli dei Film… e tra loro almeno cinque grandi “storici” integreranno la colorata delegazione soul che dagli States sbarcherà a Sanremo il 29 di Febbraio.
L’intento è quello di scuotere, almeno per noi lì dal vivo, la tradizionale e marmorizzata platea preda spesso della sindrome colombifera e lacrimosa proveniente dall’eterna storia Sanremese.
Il pezzo che porteremo ci rappresenta benissimo e senza essere un contorcimento cantautorale va dritto al cuore di chi pensa che la musica suonata e sudata sia ancora importante.
C’è però un problema, non so ancora come mi vestirò. Se fosse per me ci andrei così in tuta e scarpe da tennis. Ma sono affettuosamente circondato da parenti e professionisti che non fanno altro che ricordarmi quanto anche il look sia importante. Lo so che hanno ragione loro, ma sono talmente impegnato a realizzare questo CD Internazionale, contenente non solo 8 inediti miei ma anche 6 interpretazioni di grandi brani della storia del pop mondiale, che non ho avuto nemmeno il tempo per provare un calzino.
Vada come vada, ora stiamo per tuffarci nella settimana più folle e vacua della storia della musica. Almeno sarò circondato da tanti giovani artisti negli occhi dei quali potrò leggere lampi familiari di quando ero ragazzo.
E così mi sentirò di nuovo in gara con qualcosa, per qualcosa e forse, perché no, per qualcuno che avrà voglia di leggere le righe di questo diario che non finisce sicuramente qui.
– TERZA PUNTATA –
Cari amici, lo so sono stato avaro di parole negli ultimi 15 giorni, ma vi assicuro che la tempesta dalla quale sono uscito è stata terribilmente intensa anche se appassionante.
Il Festival di Sanremo si è concluso e questo momento di pace e riflessione che sono riuscito a ricavare dopo il mio ritorno a casa mi sembra quasi un miracolo. Così, come le pause nella musica, a volte anche il silenzio è bello. Non che io stia facendo un elogio alla solitudine, sarei un ingrato se così fosse, ma il vocio, la tensione e il trambusto festivaliero assomigliano molto alla tangenziale di Milano o di Roma quando si tenta di tornare a casa a passo d’uomo. Bologna non è da meno, ma una volta girato l’angolo ti pare quasi di tirare un sospiro di sollievo, come se riprendessi contatto con la vita quella vera.
Non fraintendetemi, è stato bellissimo e lo rifarei mille volte, ma per motivi molto diversi da quelli che la gente pensa.
Già due mesi prima del Festival si era creato un clima spasmodico. Mai come quest’anno, e io ne ho fatti 5, c’è stata tanta attenzione negativa o… positiva.
Tutti noi ci sentivamo come cavalleggeri che si infilano in un canyon che si suppone zeppo di apaches.
Tony Renis si giocava il culo e anche tutto il resto e noi, invitati da lui, al di la di tutti gli strattonamenti parapolitici e maldicenze malavitose ci sentivamo nella stessa barca. Qualcuno ha avuto anche il coraggio di disegnarci come “complici” di qualche cosa di negativo, come se spettasse a un cantante il compito di giudicare le persone. Io non sarei mai andato a cantare per Hitler ma, chissà per chi avrò cantato, senza saperlo, in tutta la mia carriera. In ogni caso Tony, destro o sinistro, si è comportato talmente bene con tutti noi da farsi amare, non solo per il suo coraggio ma anche per l’attenzione artistica che poneva nei confronti di ogni performances.
Anche Pippo Baudo è un grande ed è una persona che ha sempre dimostrato rispetto per la musica ma una cosa è avere le mani legate ed essere costretti a fare contemporaneamente presentatore, direttore artistico e organizzatore e un’altra è aprire la finestra e decidere in folle libertà quello che Tony ha deciso. Non so se le mayors torneranno, se Tony lo rifarà o se sarà la volta di qualcun altro. So solo che il ruolo affidatomi dal patron, quello del responsabile dell’area rock blues, l’ho svolto con un entusiasmo da ragazzino pur sapendo che normalmente a Sanremo questo genere di musica o non c’è o non viene premiata dai voti. CHI SE NE FREGA! Ho cantato un pezzo che è un po’ il film della mia vita accompagnato da una straordinaria orchestra di 81 elementi, ma soprattutto avvallato dalla presenza della mitica Blues Brother Bands, ho pranzato e cenato con i miei miti blues e ho parlato di rock e di donne con Bill Wyman. Ho scambiato numeri e indirizzi con gente che ha composto “The dock on the bay” e ha suonato con Otis Redding e Ray Charles.
In una storica serata al Morgana, un locale di Sanremo, abbiamo fatto una jam session e Eddie Floyd, fermando la band, ha detto al pubblico in delirio: -“Abbiamo girato tutto il mondo ma finalmente qui in Italia abbiamo trovato il terzo Blues Brothers…” e mi ha presentato. Fossi morto in quel momento il bilancio non sarebbe stato da buttare via.
Ora tocca a me. Ho un disco in uscita molto ispirato ed energico. Contiene 14 brani di cui 7 scritti da me e 7 internazionali. Girerò il mondo per promuoverlo e tentare di venderlo. Spero di incontrare i Blues Brother da qualche parte… ma soprattutto spero di incontrare voi.
– IL DOPO SANREMO… –
Questo è il diario di un viaggio che, partito dalla ridente località ligure, mi sta portando in giro per il mondo.
Sanremo è già passato da un po’ e sono in grado di trarre qualche bilancio con un minimo di serenità.
Di questo Festival si è parlato molto, prima durante e dopo. Sicuramente molto di più del precedente. Lungi da voi l’idea che il mio commento possa tendere a paragonare la qualità di questo cast con il precedente. Mi sto solo riferendo alla luce forte che la kermesse di quest’anno ha avuto anche per le critiche violente e in alcuni casi preconcette che si sono riversate contro agli organizzatori. Ma ora è acqua passata e il cosiddetto “gruppo” di artisti “tonirenici” si è sfaldato disperdendosi nelle rispettive traiettorie. Ognuno segue la sua strada e momentaneamente sono a cavallo del mio disco e della rispettiva tournée. I Blues Brothers ora stanno lavorando negli States al loro disco e confido di sentire al più presto la loro versione di “E’ la musica”, “It’s the music”. Dal mio canto, sto preparandomi per un Tour che si presenta fin d’adesso come un evento musicale godibilissimo. Alle prove andiamo forte e i musicisti si stanno impegnando al massimo. Le coriste, che sono poi grandi cantanti, stanno dando vita a un trio che ricorda le mitiche “Supremes”. Martina, Vanessa e la fantastica Emanuela Cortesi si esprimono al massimo e colorano ogni brano con la loro vocalità prorompente. Per amore del blues e del mio disastrato… Bologna ho ribattezzato il gruppo: “Rossoblues brothers band”. Gireremo l’Italia dappertutto e chi volesse più informazioni può in ogni momento “sintonizzarsi” sul sito e sapere dove siamo e dove andremo. Prometto che sarò un po’ meno distratto e più presente dando notizie fresche a tutti gli amici nella sezione “EVENTI”.
Ora è uscito il nuovo disco e il mio… bambino è li che mi guarda e aspetta che lo porti a fare delle passeggiate. Mi sbilancio, il lavoro è bello e vario, contiene quattordici brani tutti nuovi, incisi di fresco e mi rappresenta bene. Almeno l’anima “live”, quella che tocca le corde della musica suonata sul serio da bravi musicisti, mi soddisfa in pieno. E’ un CD ricco e, di questi tempi, generoso. Non la solita compilation con il “The best” e la canzoncina nuova, la in un angolo, sola soletta. Con Maurizio Tirelli abbiamo composto le canzoni, realizzato gli arrangiamenti e siamo stati in studio di registrazione per una cinquantina di giorni con i nostri fantastici collaboratori. Non ho preferenze tra i brani incisi, ognuno di loro occupa un posto che merita e diverso dagli altri, ma mi inorgoglisce l’aver cantato alcune straordinarie canzoni in inglese affrontandone i rischi e i paragoni storici. In ogni caso la distribuzione dell’album, da poco sul mercato, fa si che lo possiate trovare prima nei negozi specializzati e in seguito nelle grandi rivendite. Questo ultimo lavoro, per chi non lo sapesse, è un omaggio a tutta una vita “on the road”, alla musica che mi ha dato la forza di continuare, anche a quella più facile perché no, e al blues che rimane la mia grande passione. Quindi sentirete un disco in cui il rock si mescola al soul e tinge ogni tema dell’album di nero, di quel nero che rende le cose cantate e suonate senza tempo. C’e’ dentro anche l’amore per le masse che negli anni sessanta e settanta si spostavano ovunque con la certezza di cambiare il mondo e con esso il proprio destino. Quella folle passione politica ma anche utopicamente ricca di slanci ideologici e esistenziali che i protagonisti di quel meraviglioso periodo hanno tentato di raccontare ai propri ragazzi. E’ allora li, che interpretando “A whiter shade of pale” o “Have you ever seen the rain” e magari “Bella ciao”, si innesta il brivido del ricordo dell’esperienza e di quella musica ancor oggi non superata. Niente nostalgia, niente cultura del “remenber” ma semplice incursione nel mondo della vita vera che riusciva a smuovere le coscienze e anche i corpi. Migrazioni di teen che ballavano sulla loro vita facendo per la prima volta l’amore senza rimorso. I figli si saranno sentiti raccontare mille volte queste storie dai genitori e forse non ci hanno creduto più di tanto, ma era tutto vero, anche di più. Questo disco è un po’ trasversale e può rappresentare sia la colonna sonora di coloro che stanno viaggiando nel nostro tempo, sia l”easy rider” di un era irripetibile anche sotto il profilo della proposta musicale. A presto, ragazzi.
Andrea