Cari amici, lo so sono stato avaro di parole negli ultimi 15 giorni, ma vi assicuro che la tempesta dalla quale sono uscito è stata terribilmente intensa anche se appassionante.
Il Festival di Sanremo si è concluso e questo momento di pace e riflessione che sono riuscito a ricavare dopo il mio ritorno a casa mi sembra quasi un miracolo. Così, come le pause nella musica, a volte anche il silenzio è bello. Non che io stia facendo un elogio alla solitudine, sarei un ingrato se così fosse, ma il vocio, la tensione e il trambusto festivaliero assomigliano molto alla tangenziale di Milano o di Roma quando si tenta di tornare a casa a passo d’uomo. Bologna non è da meno, ma una volta girato l’angolo ti pare quasi di tirare un sospiro di sollievo, come se riprendessi contatto con la vita quella vera.
Non fraintendetemi, è stato bellissimo e lo rifarei mille volte, ma per motivi molto diversi da quelli che la gente pensa.
Già due mesi prima del Festival si era creato un clima spasmodico. Mai come quest’anno, e io ne ho fatti 5, c’è stata tanta attenzione negativa o… positiva.
Tutti noi ci sentivamo come cavalleggeri che si infilano in un canyon che si suppone zeppo di apaches.
Tony Renis si giocava il culo e anche tutto il resto e noi, invitati da lui, al di la di tutti gli strattonamenti parapolitici e maldicenze malavitose ci sentivamo nella stessa barca. Qualcuno ha avuto anche il coraggio di disegnarci come “complici” di qualche cosa di negativo, come se spettasse a un cantante il compito di giudicare le persone. Io non sarei mai andato a cantare per Hitler ma, chissà per chi avrò cantato, senza saperlo, in tutta la mia carriera. In ogni caso Tony, destro o sinistro, si è comportato talmente bene con tutti noi da farsi amare, non solo per il suo coraggio ma anche per l’attenzione artistica che poneva nei confronti di ogni performances.
Anche Pippo Baudo è un grande ed è una persona che ha sempre dimostrato rispetto per la musica ma una cosa è avere le mani legate ed essere costretti a fare contemporaneamente presentatore, direttore artistico e organizzatore e un’altra è aprire la finestra e decidere in folle libertà quello che Tony ha deciso. Non so se le mayors torneranno, se Tony lo rifarà o se sarà la volta di qualcun altro. So solo che il ruolo affidatomi dal patron, quello del responsabile dell’area rock blues, l’ho svolto con un entusiasmo da ragazzino pur sapendo che normalmente a Sanremo questo genere di musica o non c’è o non viene premiata dai voti. CHI SE NE FREGA! Ho cantato un pezzo che è un po’ il film della mia vita accompagnato da una straordinaria orchestra di 81 elementi, ma soprattutto avvallato dalla presenza della mitica Blues Brother Bands, ho pranzato e cenato con i miei miti blues e ho parlato di rock e di donne con Bill Wyman. Ho scambiato numeri e indirizzi con gente che ha composto “The dock on the bay” e ha suonato con Otis Redding e Ray Charles.
In una storica serata al Morgana, un locale di Sanremo, abbiamo fatto una jam session e Eddie Floyd, fermando la band, ha detto al pubblico in delirio: -“Abbiamo girato tutto il mondo ma finalmente qui in Italia abbiamo trovato il terzo Blues Brothers…” e mi ha presentato. Fossi morto in quel momento il bilancio non sarebbe stato da buttare via.
Ora tocca a me. Ho un disco in uscita molto ispirato ed energico. Contiene 14 brani di cui 7 scritti da me e 7 internazionali. Girerò il mondo per promuoverlo e tentare di venderlo. Spero di incontrare i Blues Brother da qualche parte… ma soprattutto spero di incontrare voi.
Andrea